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Che cosa protegge l’anonimato protetto?

Update: avevo dimenticato il titolo al post!

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Seguo da un po’, e con interesse, il dibattito sull’anonimato protetto. Prendo spunto da un commento (non molto chiaro, devo dire la verità) ad un post di Stefano Quintarelli e mi chiedo:

Qual è la tipologia di illeciti che si vuole prevenire introducendo l’anonimato protetto nelle reti wireless?

La sicurezza di un sistema informatico non puo’ essere garantita al 100%. Una quasiasi “misura di sicurezza” puo’ bloccare solo quegli illeciti per cui il rapporto costo per aggirarla/beneficio nell’averla aggirata non è (sufficientemente) favorevole.

In altre parole, è vero che l’anonimato protetto permette l’identificazione di un utente che si connette ad un Access Point, ma è anche vero che previene solo quegli illeciti per cui non vale la pena affidarsi a un qualsiasi decente servizio di anonimizzazione.

In questa ottica mi chiedo:

  • Qual è il reale beneficio che l’anonimato protetto puo’ portare alla sicurezza informatica?
  • Siamo sicuri che non diventi solo un impiccio per chi vuole avere una rete wireless, sia essa domestica o commerciale?

Sinceramente, se la legislazione fosse un pochino più chiara, sarei più che felice di aprire la mia rete domestica, che per la maggior parte del giorno rimane inutilizzata (non lo faccio, non sono coraggioso come Bruce Schneier); e sarei grato a chi facesse lo stesso quando sono io a essere fuori casa. Unica accortezza, vorrei un programmino che fosse in grado di switchare ad una rete protetta quando mi connetto.

(Ri)cominciamo

Sono in una stanza d’albergo, connesso alla rete wireless che va e che viene. La rete e’ dell’albergo, ma e’ pubblica, aperta a tutti: Bruce Schneier non ci troverebbe niente di strano, io continuo a essere un po’ perplesso (la notizia, che notizia non e’, e’ un po’ datata, ma ancora mi affascina).